Perché le bambine restano indietro in matematica? Un'indagine (precoce) sul divario di genere
Negli ultimi decenni, le ragazze hanno recuperato terreno – e spesso superato i coetanei maschi – in moltissimi campi dell’istruzione: si diplomano di più, hanno voti migliori, e si laureano con maggior successo. Ma c’è un'area dove il progresso sembra essersi fermato: la matematica.
Un recente studio pubblicato su Nature (giugno 2025) getta nuova luce su questo fenomeno, rivelando un dato sorprendente: il divario di genere in matematica comincia a emergere dopo appena quattro mesi di scuola primaria. Prima ancora che i bambini compiano sette anni.
I numeri: cosa dice lo studio francese
La ricerca ha analizzato 2,6 milioni di bambini e bambine francesi, grazie ai test sistematici del programma nazionale EvalAide, somministrati a tutti gli alunni all’inizio della prima elementare (T1), dopo 4 mesi (T2) e all’inizio della seconda (T3). All’ingresso a scuola, non ci sono differenze significative: i maschi sono leggermente più presenti agli estremi (i molto bravi e i molto in difficoltà), ma in media il livello è simile.
Dopo appena 4 mesi, però, il quadro cambia: i maschi cominciano a prevalere nei punteggi alti, e il divario si allarga dopo un anno (Cohen’s d = 0.22, un effetto statisticamente forte). Un dato colpisce più di tutti: nel top 5% dei risultati in matematica ci sono più del doppio dei maschi rispetto alle femmine.
Il divario è stato osservato in ogni tipo di scuola (statale, privata, a pedagogia alternativa come Montessori o Freinet), in ogni regione francese e in tutti i quattro anni considerati (2018-2021). È più accentuato nelle famiglie ad alto reddito e, fatto ancora più paradossale, è particolarmente marcato nei figli di genitori scienziati o insegnanti. Persino nei contesti più "progressisti", gli stereotipi sembrano entrare dalla porta di servizio.
Ma non è una questione di intelligenza
Fin dai primi anni di vita, le bambine mostrano abilità numeriche del tutto simili a quelle dei bambini. Le neuroscienze ci dicono che non esiste alcuna differenza biologica significativa che giustifichi il gap. La spiegazione, allora, va cercata altrove: nel modo in cui la matematica viene insegnata e vissuta.
Come spiegano le autrici dello studio, tra cui Pauline Martinot e Stanislas Dehaene, la matematica è spesso proposta in modo competitivo, a tempo, e orientato alla performance. E questo tipo di contesto genera maggiore ansia nelle bambine. L'ansia da matematica è un fenomeno noto e documentato, e si accentua quando è l’insegnante stesso (spesso una donna, nella scuola primaria) ad averne timore. Alcuni studi mostrano che l’ansia dell’insegnante può trasmettersi alle alunne, peggiorandone i risultati.
Anche gli stereotipi culturali giocano un ruolo. L’idea diffusa (e sbagliata) che “i maschi sono portati per i numeri, le femmine per le parole” incide sulle aspettative di genitori e insegnanti. E sappiamo che basta un suggerimento implicito per condizionare la fiducia di un bambino nelle sue capacità.
[fonte grafico: articolo The Economist]
Cosa possiamo fare?
La buona notizia è che questo divario non è inevitabile. E anzi, può essere ridotto in tempi brevi. Un esperimento condotto in Italia (Università di Torino, 2024) ha mostrato che insegnare matematica in piccoli gruppi cooperativi (invece che con test a tempo individuali) riduce il divario di genere del 40%. Le bambine migliorano, e i bambini non ne risentono.
Dallo studio pubblicato su Nature emergono alcune leve strategiche:
Agire precocemente: il gap emerge nei primi mesi di scuola. Gli interventi più efficaci sono quelli che arrivano prima che si radichino ansie e stereotipi.
Formare gli insegnanti: il training deve includere la consapevolezza dei bias di genere e l’uso di metodi didattici equi.
Cambiare la valutazione: test meno competitivi, senza cronometri, e con modalità più inclusive aiutano a rivelare il vero potenziale.
Mostrare modelli femminili: portare in classe donne scienziate, matematiche, ingegnere. L’identificazione conta.
Coltivare il “growth mindset”: insegnare che le abilità si sviluppano con l’impegno. La matematica non è un talento innato, è un linguaggio da imparare.
Perché tutto questo riguarda anche l’economia
Il divario di genere in matematica ha ricadute enormi sul lungo periodo: condiziona le scelte scolastiche e universitarie, allontana le ragazze dalle carriere STEM (più remunerative), e contribuisce al gender pay gap. In media, le donne scelgono percorsi con stipendi del 6% più bassi degli uomini. Tra i top earners, la differenza arriva al 10%.
In termini macroeconomici, è una perdita di talento e di produttività. Un Paese che non valorizza pienamente le competenze di metà della popolazione è un Paese che rinuncia a crescere.
Fonti:
Di Tommaso, Maria Laura, et al. "Tackling the gender gap in mathematics with active learning methodologies." Economics of Education Review 100 (2024): 102538.
Martinot, P., Colnet, B., Breda, T., Sultan, J., Touitou, L., Huguet, P., ... & Dehaene, S. (2025). Rapid emergence of a maths gender gap in first grade. Nature, 1-10.
Lo studio: scacco matto al gender gap
"Gender, competition, and performance: Evidence from chess players" pubblicato su Quantitative Economics (2023) da Backus et al.:
Questo studio analizza il rapporto tra genere, competizione e performance utilizzando un contesto particolarmente adatto: il gioco degli scacchi. Gli autori utilizzano dati di partite giocate online su Chess.com tra oltre 14.000 giocatori e giocatrici di livello simile, osservando le performance quando i partecipanti sanno (vs. non sanno) il genere dell’avversario. Questo consente di isolare l’effetto psicologico della competizione mista.
I risultati mostrano che, a parità di abilità, le donne ottengono risultati peggiori contro avversari maschi quando sanno di competere contro un uomo, mentre la performance maschile non varia in funzione del genere dell’avversario. Questo “gender gap competitivo” si manifesta in una riduzione dell’aggressività di gioco e in una minore propensione a strategie rischiose da parte delle donne.
Il paper suggerisce che la consapevolezza del genere dell’avversario attiva stereotipi interiorizzati, che influenzano negativamente la performance femminile in contesti competitivi. L’effetto è consistente con altre evidenze in ambiti accademici e professionali, dove le donne tendono a evitare ambienti percepiti come eccessivamente competitivi.
Gli autori concludono che il gap di performance non deriva da differenze innate, ma da fattori psicologici e sociali, offrendo implicazioni rilevanti per il disegno di ambienti competitivi più equi.
Il grafico della settimana
La citazione della settimana
Women belong in all places where decisions are being made. It shouldn't be that women are the exception (Ruth Ginsburg)
Grazie. Un unico appunto: Stanislas Dehaene è un maschio.